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Dov’è più azzurro il fiume – riassunto

Questo racconto fa parte della raccolta “Marcovaldo ovvero le stagioni della città”, opera di Italo Calvino del 1963. Marcovaldo è alla  costante ricerca di alimenti genuini in un universo saturato di inganni alimentari. Racconti di cibi adulterati affollano i giornali: formaggi di plastica, pesce vecchio truccato da fresco. Ogni volta che vede rientrare sua moglie con le borse della spesa, non sa se essere contento o terrorizzato.

Ansioso di sfuggire alle insidie alimentari metropolitane Marcovaldo decide di andare a pescare. Ma c’è un ostacolo: il fiume cittadino è un coacervo di rifiuti e inquinanti. Quindi decide di sondare il corso d’acqua oltre i confini urbani, alla ricerca di un angolo incontaminato. Finalmente dopo un lungo girivagare in ciclomotore, scopre un angolo del fiume dove l’acqua è azzurra e popolata da un gran numero di pesci.

Eccitato si fa prestare l’equipaggiamento da vicini e colleghi. Un’alba, prima di iniziare la giornata lavorativa, si dirige verso quel paradiso nascosto. E la pesca si rivela subito fruttuosa: tinche a iosa, che saltano da sole nel retino.

Quando sta per tornare a casa con la sporta piena di pesci, viene fermato da una guardia che lo informa che i pesci sono avvelenati a causa di uno scarico di vernice blu da una fabbrica vicina. Marcovaldo cerca di evitare di buttare via i pesci, inventando scuse per non sembrare stupido davanti alla guardia. Prima dice di averli pescati più a monte, poi che li ha comprati, cercando di evitare una multa per pesca in zona protetta e il pagamento di un dazio per portare i pesci in città.

Alla fine, messo alle strette dalla guardia, Marcovaldo decide di liberare i pesci nel fiume. Alcuni di questi, ancora vivi, nuotano via felici.