La giacca stregata è un racconto di Dino Buzzati tratto dalla raccolta La boutique del mistero. L’autore esplora il tema delle conseguenze morali delle azioni dettate da un’avidità incontrollata.
La storia comincia con il nostro protagonista, un uomo che durante un ricevimento a Milano, è affascinato dall’eleganza di un signore e dal suo abito sartoriale. Desideroso di possedere un capo altrettanto raffinato, chiede informazioni e si reca dal sarto, un certo Alfonso Corticella, in via Ferrara 17. Qui incontra il sarto, un uomo che gli mette addosso un po’ in inquietudine. La figura del sarto è ambigua, con i suoi capelli neri quasi certamente tinti e un atteggiamento eccessivamente cortese che suscita nel protagonista un senso di disagio.
Dopo venti giorni, l’abito viene consegnato: un capolavoro sartoriale che, nonostante la perfezione, rimane inutilizzato per settimane a causa del ricordo sgradevole del sarto. Un giorno, però, il protagoniesta cede alla tentazione e lo indossa, scoprendo nella tasca destra una banconota da diecimila lire. Inizialmente convinto si tratti di un errore, la sua vita prende una svolta incredibile quando scopre che la tasca sembra non avere fondo, e ogni volta che mi mette la mano ne tira fuori una banconota.
Ma la fortuna si rivela presto una maledizione. La sera stessa della scoperta, si verifica una rapina a un camioncino blindato di una banca, con un bottino identico all’importo trovato nella giacca: cinquantotto milioni. La coincidenza sembra troppo precisa per essere casuale, eppure il protagonista, sopraffatto dalla cupidigia, ignora il presagio e continua ad estrarre denaro.
Con i nuovi soldi, si costruisce rapidamente una vita di lussi sfrenati: acquista una villa, automobili costose, collezioni d’arte e viaggia il mondo. Tuttavia, ogni volta che attinge alla giacca magica, altrove si verificano catastrofi. Un incendio distrugge un deposito di nafta e le casseforti di un istituto immobiliare, causando la morte di due vigili del fuoco e la perdita di un’ingente somma di denaro, ancora una volta corrispondente a quella estratta dalla giacca.
Dopo aver sentito la notizia del suicidio di una pensionata, che ha perso la sua pensione di trentamila lire, l’uomo si rende conto che non può più ignorare la terribile verità: la giacca stregata sta convertendo tragedie in ricchezze a suo favore. Deciso a porre fine a questo ciclo infernale, si reca in una vallata alpina e distrugge la giacca con il fuoco. Tuttavia avverte una voce sinistra che gli sussurra che orami è troppo tardi.
La maledizione, infatti, non è finita. Al suo ritorno, scopre che tutto ciò che possedeva è sparito: la sua casa, la sua macchina, i suoi conti in banca e le sue azioni in Borsa. Non gli rimane altro che un baule vuoto e la polvere. Ha perso tutto e si aspetta in ogni momento di trovarsi di fronte il sarto, pronto a chiedere il conto definitivo per l’abito stregato.
La trama del racconto si sviluppa attorno all’idea che l’avidità e la ricerca incondizionata della ricchezza possono portare a conseguenze disastrose. Buzzati usa la giacca come metafora per esplorare i confini tra desiderio e moralità, e come l’egoismo possa essere cieco alle sue devastazioni. Il protagonista, inizialmente vittima di una tentazione irresistibile, si trasforma lentamente in complice delle proprie disgrazie, fino a quando la realizzazione del nesso tra la sua fortuna e gli eventi catastrofici non lo costringe ad affrontare la realtà delle sue azioni. La distruzione della giacca, un gesto simbolico di redenzione, arriva troppo tardi: il male è stato fatto e la punizione è ineluttabile. Il protagonista si ritrova privo di ogni bene, abbandonato dalla fortuna che aveva così avidamente abbracciato.