Ser Cepparello da Prato con una falsa confessione inganna un frate. Pessimo uomo in vita, da morto viene considerato santo ed è chiamato san Ciappelletto.
L’inizio di ogni azione umana dovrebbe essere fatta nel nome di Colui che tutto ha creato. Solo attraverso la grazia divina possiamo trovare la forza e la saggezza per superare le difficoltà della vita. Questa grazia non è un premio per i nostri meriti, ma un dono che riceviamo grazie all’intercessione di coloro che, avendo vissuto secondo la volontà di Dio, ora godono della sua eterna beatitudine. Anche se a volte possiamo sbagliare nella scelta degli intermediari che preghiamo, Dio valuta la purezza e la sincerità delle nostre suppliche più dell’identità di chi viene invocato, rispondendo alle nostre richieste per la nostra fede e non per il merito del santo intercessore. Voglio dimostrare tutto questo raccontandovi una novella.
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Musciatto Franzesi, un ricco mercante diventato cavaliere in Francia, aveva bisogno di qualcuno per riscuotere debiti in Borgogna. I borgognoni erano considerati uomini litigiosi e molto sleali, e ser Musciatto faticava a trovare un uomo all’altezza del compito. Gli venne in mente ser Cepparello da Prato, soprannominato Ciappelletto, noto per essere un uomo molto astuto e malvagio. Ciappelletto era famigerato per la falsificazione di documenti notarili, era un istigatore di discordie, ladro, criminale, baro. Inoltre era pieno di vizi, grande bestemmiatore e molto irascibile. Spesso aveva dovuto chiedere la protezione di ser Musciatto per sfuggire alla vendetta di tutti coloro che aveva danneggiato o ingiuriato.
Ser Musciatto, consapevole della reputazione e delle capacità di ser Ciappelletto, lo considerava l’unico abbastanza astuto e maligno da poter affrontare i borgognoni.
Ser Ciappelletto accettò l’incarico e si trasferì in Borgogna, dove iniziò a operare in un modo che sembrava contraddire la sua natura abituale; agiva con gentilezza e meticolosità nel riscuotere i crediti, forse riservandosi di sfogare la sua abituale irascibilità più avanti. Durante il suo soggiorno, alloggiò presso due fratelli fiorentini usurai, che lo trattavano con grande rispetto per il suo legame con Musciatto.
Però qualche tempo dopo si ammalò. La sua salute peggiorò rapidamente e la sua condizione divenne molto grave. I fratelli, preoccupati, organizzarono cure mediche e assistenza, ma divenne chiaro che ser Ciappelletto non aveva speranze di guarire. I fratelli erano molto preoccupati: espellerlo dalla loro casa avrebbe danneggiato la loro reputazione, ma la prospettiva di una morte senza confessione e sacramenti avrebbe portato al disonore e forse a reazioni violente da parte della comunità locale, che già li disprezzava per via dei loro subdoli affari.
Ser Ciappelletto si era accorto dei loro timori. Li convocò e propose una soluzione: avrebbe chiesto di confessarsi con un frate virtuoso. Conscio dei suoi peccati passati, suggerì che un ultimo atto di devozione non avrebbe alterato significativamente il suo rapporto con Dio ma avrebbe potuto mitigare le conseguenze per i fratelli dopo la sua morte. !
Ser Ciappelletto organizzò la sua confessione in modo tale da morire rispettato e senza creare problemi ai suoi amici. Forse era la prima volta in vita sua che si preoccupava di beneficiare qualcun altro con la conseguenza delle sue azioni.
I due fratelli fiorentini, senza troppa convinzione, si rivolsero a un convento vicino per trovare un frate saggio e santo che potesse ascoltare la confessione del loro ospite. Al convento, fu loro affidato un anziano frate, noto per la sua vita virtuosa e per la profonda stima che i cittadini nutrivano nei suoi confronti. Con rispetto e devozione, lo condussero al capezzale di Ciappelletto.
Arrivato nella stanza, il frate si sedette vicino al moribondo e, dopo averlo confortato, iniziò col chiedere da quanto tempo non si confessasse. Ciappelletto, che in realtà non si era mai confessato, mentì affermando di farlo regolarmente, addirittura più volte a settimana, ma che l’attuale malattia gli aveva impedito di mantenere le sue abitudini spirituali. Il frate, colpito dalla religiosità dell’uomo, lo elogiò per la sua dedizione, senza sapere che si trattava solo di una spudorata menzogna.
Durante la confessione, Ciappelletto continuò con il suo inganno, raccontando storie di castità, digiuni e preghiere, mentre in realtà aveva condotto una vita dedita ad ogni sorta di peccato. Espresse rimorso per desideri e azioni che dipinse come peccaminose, benché fossero innocue o inventate, come il piacere troppo intenso per l’acqua dopo un digiuno o il desiderio per semplici insalatine.
Il frate, ingenuamente, lo rassicurò che tali peccati erano di lieve entità e non dovevano gravare sulla sua coscienza. Ser Ciappelletto, però, insistette nel mostrarsi come un peccatore pentito, persino per azioni banali, come aver fatto pulire la casa di sabato o aver sputato in chiesa involontariamente, cercando di apparire come un uomo di eccezionale fede e integrità.
Infine, con grande teatralità, Ciappelletto pianse per un peccato “indicibile” che aveva vergogna di confessare. Dopo aver tenuto il frate in apprensione per alcuni minuti, parlando di questo suo peccato troppo grande per essere perdonato, alla fine disse che una volta da bambino aveva bestemmiato contro sua madre. Il frate, ormai completamente ingannato, lo consolò e lo assolse, convinto di aver incontrato uno degli uomini più santi sulla terra.
Dopo la confessione, il frate chiese a ser Ciappelletto se, in caso di morte, avesse gradito essere sepolto nel loro convento. Ser Ciappelletto, continuando la sua messinscena di devozione, accettò con fervore, esprimendo un’immaginaria affezione per l’ordine del frate. In seguito, ricevette la comunione e l’estrema unzione, e poche ore dopo morì. I due fratelli fiorentini si occuparono di organizzare un funerale dignitoso. La notizia della sua morte fece sì che il frate, seriamente impressionato dalla sua devozione, convincesse il convento a onorarlo con una veglia e un funerale solenne, al quale partecipò gran parte della città. Durante la predica, il frate lodò la fede e l’integrità di ser Ciappelletto, inducendo la comunità a venerarlo come un santo. La sua fama di santità crebbe al punto che la sua tomba divenne un luogo di pellegrinaggio e un riferimento spirituale per tutta la città, con molti che gli attribuivano miracoli e lo invocavano nelle loro preghiere, trasformando l’impostore in un santo venerato.
Ser Cepparello da Prato visse in malvagità ma morì ingannando tutti facendosi passare per santo. Certamente noi non possiamo sapere se, per un ultimo pentimento sincero, abbia ricevuto la misericordia divina. Ma a giudicare dalle sue azioni terrene, sembrerebbe più probabile che la sua anima sia finita nelle mani del diavolo.
Ed è proprio in questo ultimo caso che appare tutta la magnanimità di Dio, che valuta l’intenzione e la purezza della nostra fede , e non il santo che invochiamo. Egli ascolta le nostre preghiere anche quando sono indirizzate, per errore, a chi non merita. Pertanto, dovremmo rivolgerci a Dio con fiducia nei momenti difficili, confidando nella sua capacità di discernere la sincerità del nostro cuore.